sabato 4 maggio 2013

Abitiamo sottoterra: io, il grande specchio e il pensiero di lei

Abito sottoterra e sopra di me c'è un ristorante. Se non hai i soldi per mangiare è una vera sfiga averci un ristorante sopra la testa. Ogni tanto, passandoci vicino per uscire o rientrare, o uscire rientrando in qualche corso di pensiero o entrare uscendo da qui, da me, da dovunque, dicevo ogni tanto riconosco gli odori e una volta è coniglio in umido, un altro è sapore di pizza, ma quello che mi tira scemo è il sentore di una bistecca, sono così allenato che posso riconoscere quando la chiedono al sangue o ben cotta. Media mai. La mediocrità è fuori moda. Ovunque. 
La mia spesa non odora, non ho neanche i fornelli, vivo in un teatro di sottoscala (o in un sottoscala di teatro)  e una fetta di mortadella non odora.
Le mie lenzuola lise invece si.
Dei miei piedi, del mio deodorante da 2 soldi e di lei, l'ultima volta che ha avuto la malaugurata idea di venirmi a cercare.
O l'ho cercata io ?
Comunque le lenzuola non me le posso mangiare.
Amen.
Stasera vado a lavorare, domani sera vado a lavorare, domani l'altro sera invece vado a lavorare, poi mi riposo, traduzione: bevo così tanto che alla fine non mi rendo neanche più conto di essere sbronzo. E questo vuol dire proprio bere tanto. Poi mi faccio il cinema. Senza muovermi di un millimetro. Un vero cinema. Poi me lo sogno il cinema, restando sveglio ma non cosciente, poi me lo disegno e alla fine me lo scrivo e il giorno dopo mi farò delle grasse risate alla faccia di me stesso e alla faccia dello specchio, enorme, appeso a mezz'aria che secondo me quando non ci sono riflette qualcos'altro. Non si può spengere uno specchio, se spengi la luce quello riflette il buio e se ci metti un panno sopra riflette un panno sopra.
Fattore inconsueto: se ci metto davanti lei si illumina.
Ma lei non ne vuole più sapere. Di me, del mio specchio e della mia fetta di mortadella.
Ma dai, ripensaci. Ti porto al ristorante qui sopra, abbiamo già qualcosa in comune io e lui. Il bagno per l'esattezza. Lasceremo anche la mancia al cameriere, dai, ti compro una bistecca, ti va una bistecca ? Ti offro una pizza e poi per strafare ne compriamo un'altra e ci giochiamo a frisbee, alla faccia della fame nel mondo e della mia per i successivi 2 giorni giusto per il piacere di vederti giocare. A frisbee o a qualsiasi altro gioco vuoi che come giochi bene tu non l'ho mai visto fare a nessuno.
Dai, cambio le lenzuola, dai che accendo la radio e la sintonizzo sulla classica e su una buona nottata.
Dài.
No, èh ?
Va bèh, non insisto. Vaffanculo. La pizza me la offro per me e non lascio neanche la mancia al cameriere e gli spiego anche che è colpa tua, così ora ti odia anche lui.
Così impari a illuminare gli specchi che non sono tuoi !






Pubblicato per la prima volta nella rivista Teatri & co. di Milano nel 1998


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